Luis Sepulveda: come i suoi romanzi ci hanno insegnato a volare

Di Camilla Tettoni

Luis Sepulveda: giornalista, attivista, sognatore. Scrittore appassionante e appassionato, ha dato vita a numerose narrazioni avvolgenti, vere, reali, di mondi nascosti e distanti.  La storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare è certamente la sua opera più conosciuta, il dolcissimo racconto di un gatto, Zorba, che promette ad un gabbiano finito suo malgrado in una macchia di petrolio di prendersi cura del suo uovo. Il gatto mantiene la promessa, riuscendo a insegnare come si vola alla gabbianella: “Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando – Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò – Ah sì? E cosa ha capito? – chiese l’umano – Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba”. Dietro le parole di questo romanzo breve si celano temi cari all’autore: la solidarietà, l’amicizia, l’attenzione alla cura dell’altro, la generosità disinteressata. Come scrive Sepulveda, solo chi osa, solo chi ha coraggio spicca il volo, punta in alto. Non si omologa, non va dietro al pensiero comune, ma si distingue, si distacca. Meno metaforicamente, nella gabbianella Fortunata potrebbe emergere l’immagine del figlio che abbandona il nucleo familiare per dare inizio a nuove avventure. E il genitore, Zorba, osserva il volo, fiero e commosso al tempo stesso. Ne Il mondo alla fine del mondo, libro in cui un giornalista si trova ad osservare in prima persona la crudeltà della caccia alle balene, troviamo una forte critica ecologica. Il tema ambientale era molto caro allo scrittore cileno, tant’è che aveva deciso di dedicare il suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, al sindacalista Chico Mendes, ucciso nel 1988 durante la “lotta in difesa di questo mondo, l’unico che esiste”. Già allora, più di trenta anni fa, la più grande riserva di ossigeno del nostro pianeta, la foresta amazzonica – che Sepulveda conosceva molto bene, avendoci vissuto per sette mesi nel 1977 – era in grave pericolo. Pur avendo citato solo tre opere dello scrittore, risulta già evidente l’autenticità della scrittura di Sepulveda. Ogni parola trasuda verità, anche nella finzione troviamo metafore di avvenimenti realmente accaduti. Solo un uomo che ha vissuto davvero può dare vita a questi romanzi. Ma chi era Luis Sepulveda? Dopo una militanza giovanile comunista, si iscrisse al Partito Socialista ed entrò a far parte del corpo di guardia di Salvador Allende, il presidente del Cile. L’11 settembre 1973, giorno del colpo di Stato ad opera dei militari guidati da Pinochet, Sepulveda si trovava nel palazzo presidenziale e in seguito all’uccisione di Allende venne imprigionato per vari mesi, torturato e infine liberato per iniziativa di Amnesty International. Uscito di prigione, mise in scena opere teatrali in linea con le sue convinzioni politiche. Il governo, responsabile in quegli anni della scomparsa di molteplici oppositori, lo condannò all’ergastolo. Amnesty International intervenne nuovamente, per favorirne la liberazione. Nel 1978 Sepulveda raggiunse le Brigate Internazionali Simon Bolivar, impegnate a combattere in Nicaragua e, in seguito alla vittoria della rivoluzione sandinista (che determinò la fine della dittatura di Anastasio Somoza Debayle), si dedicò alla carriera giornalistica, trasferendosi poi in Europa. Certamente il nonno, anarchico andaluso fuggito in America del Sud per evitare una condanna a morte che pendeva su di lui, lo influenzò molto a livello politico. Ne La frontiera scomparsa a comparire è proprio il personaggio dell’amato abuelo: il protagonista si reca in terre lontane per ricercare la frontiera che un tempo portava alla felicità, al territorio di Utopia. Era stato il nonno a parlargliene, e a lui aveva promesso di recarvisi. Una personalità poliedrica, quella di Sepulveda. In ogni suo romanzo cela una persona conosciuta, una lotta combattuta, una verità a lungo taciuta. La sua morte, avvenuta lo scorso aprile, ha segnato una perdita importante per la letteratura. La critica lo definisce “lo scrittore degli sconfitti”, io invece penso che sia stato uno dei pochi ad aver scritto dei veri vincenti, di coloro che combattono per stroncare i mali del mondo; di coloro che abbattono le frontiere; di coloro che preservano la propria casa, la foresta amazzonica, da colonizzatori invadenti. Di coloro che cercano di riportare alla luce L’ombra di quel che eravamo.

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