Suite Francese: sul capolavoro e sulla vita di Irène Némirovsky

Di Camilla Tettoni

Quando acquistai Suite Francese non avevo idea dei profondi significati che questo libro celava al suo interno: le trame e i personaggi assumono un senso vero e reale arrivati al termine dell’opera. L’edizione Adelphi, infatti, offre al lettore – mediante la pubblicazione di scritti autografi dell’autrice e telegrammi familiari – la possibilità di informarsi sulle vicende del libro e della scrittrice. Irène Némirovsky, figlia di un ricco banchiere ucraino, a causa di vari e spiacevoli avvenimenti fu costretta a cambiare Paese diverse volte: nata a Kiev, visse in Russia, Finlandia e Svezia. Nel 1919 giunse in Francia, suo Paese di adozione. Quando si iscrisse alla facoltà di Lettere della Sorbona, nel 1921, conosceva ben sette lingue. Dopo pochi anni, sposò un banchiere russo, Micheal Epstein, e la loro famiglia si allargherà a breve, con l’arrivo delle figlie Denise ed Elisabeth. La notorietà, derivata dalla pubblicazione di opere particolarmente apprezzate, non riuscì però a fermare il corso della Storia: l’ombra della Seconda Guerra Mondiale e l’avvento dell’antisemitismo la portò a battezzarsi, insieme al marito e alle figlie. Questa conversione non servì, tuttavia, ad evitare l’inevitabile: vittima delle leggi antisemite varate nel 1940 dal governo di Vichy, a Némirovsky venne proibito di pubblicare. Considerata un’ebrea dalla legge, il 13 luglio del 1942 fu arrestata dalla guardia nazionale francese e venne deportata ad Auschwitz, dove morirà un mese dopo. Michael Epstein tentò in tutti i modi di salvare Irène, che era nel frattempo riuscita a contattare la famiglia: “Mio amato, mie piccole adorate, credo che partiamo oggi. Coraggio e speranza. Siete nel mio cuore, miei diletti. Che Dio ci aiuti tutti”. Dopo aver tentato numerose azioni per liberare la moglie, anche Micheal venne arrestato nell’ottobre del 1942 (ignaro che la moglie fosse già morta) e deportato. Fu ucciso nelle camere a gas al suo arrivo, il 6 novembre. Le due figlie riuscirono a nascondersi grazie ad aiuti esterni. Denise, la primogenita, conservava i loro documenti nella stessa valigia in cui, anni dopo, scoprì un manoscritto della madre, dal titolo Suite francese. Inizialmente concepita come opera letteraria in cinque parti, a causa della prematura morte dell’autrice il libro consta di soli due volumi: Tempesta in giugno e Dolce, con appunti su quello che sarebbe dovuto essere il terzo atto, Prigionia. Némirovsky sognava di portare a termine un progetto di mille pagine, con al centro l’occupazione nazista in Francia. Nel primo volume l’autrice scrive dell’esodo dei Francesi all’alba dell’occupazione: le vicende dei vari personaggi si intrecciano inesorabilmente, in dinamiche romantiche e familiari. In Dolce, la cui trama ha ispirato il film Suite Francese, la protagonista è una giovane donna sposata alle prese con una travolgente passione per un soldato tedesco. La verità storica che sta alla base del romanzo – diversi Francesi, infatti, si trovarono a dover dividere il proprio tetto con gli invasori (e gli Epstein non furono da meno) – si permea di uno sfondo agrodolce. L’umanità con cui Irène Némirovsky dipinge gli invasori, la dolcezza che caratterizza alcuni, l’aggressività che descrive altri, emozionano profondamente. Da nemici, i soldati tedeschi diventano uomini, con interessi e passioni affini. Il ritratto vuole apparire giusto e oggettivo agli occhi di chi legge: rimangono certamente invasori, ma viene tolta loro l’aura di mostri alienati. Non tutti sono santi, ma è proprio un tedesco, il giovane ufficiale Bruno Von Falk a far provare alla francese Lucille l’ebbrezza del vero amore. Commuove la scrittura di Némirovsky, deportata e uccisa dalla follia nazista. Consapevole del proprio destino, obbligata a portare la stella gialla nonostante i certificati di battesimo, Némirovsky trascorse gli ultimi giorni della sua vita a scrivere Suite Francese. Possiamo ritrovare il suo pensiero nelle parole di Maurice Michaud, uno dei protagonisti coinvolti nelle vicende del primo volume dell’opera, a cui fa dire: «la certezza della mia libertà interiore, […] questo bene prezioso, inalterabile, e che dipende solo da me perdere o conservare. La convinzione che le passioni spinte al parossismo come capita ora finiscono poi per placarsi. Che “tutto ciò che ha un inizio avrà una fine”. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò, prima di tutto vivere: Primum vivere. Giorno per giorno. Resistere, attendere, sperare». Suite Francese, pubblicato nel 2004, ha vinto il prestigioso Prix Renaudot: prima e ultima volta in cui questo premio è stato assegnato postumo. Ad oggi Irène Némirovsky è considerata una delle più grandi scrittrici della Letteratura Francese.

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