Cos’è il bello? Umberto Eco ci guida in un viaggio nel tempo con la sua “Storia della bellezza”

Di Benedetta Vale

<<“Bello”- insieme a “grazioso”, “carino”, oppure “sublime”, “meraviglioso”, “superbo” ed espressioni consimili- è un aggettivo che usiamo sovente per indicare qualcosa che ci piace. Sembra che, in questo senso, ciò che è bello sia uguale a ciò che è buono, e infatti in diverse epoche storiche si è posto uno stretto legame tra il Bello e il Buono. Se però noi giudichiamo in base alla nostra esperienza quotidiana, noi tendiamo a definire come buono ciò che non solo ci piace, ma che anche vorremmo avere per noi>>. Con queste parole, Umberto Eco, semiologo, filosofo, traduttore, scrittore e saggista, nonché fondatore del DAMS e della facoltà di Scienze della comunicazione a Bologna, apre il libro di cui vi sto per scrivere. “Storia della bellezza” è un’opera che si pone l’ambizioso obiettivo, più che raggiunto, di raccontare, attraverso fonti artistiche, letterarie e filosofiche, cos’è stato e cos’è oggi il Bello, attraverso un testo non solo ricco di riferimenti testuali, ma di immagini: più di una storia dell’arte o dell’estetica, si tratta di un manuale che non si ferma al nozionismo ma che spinge ad una riflessione oggi più attuale che mai. La citazione sopra riportata riprende l’antica concezione greca della “kalokagathìa“, in greco antico “καλοκαγαθία”, (la cui espressione più alta sono i versi della poetessa Saffo e le sculture di Prassitele) che origina dalla crasi di “kalòs kai agathòs”, “ciò che è bello è anche buono”: nell’antica Grecia, la bellezza era associata alla bontà e alla virtù morale (basti pensare alle antiche storie mitiche dove gli eroi, oltre ad essere descritti come virtuosi, venivano rappresentati anche belli). Per comprendere al meglio quanto riportato in questo testo, scrive Eco, non si può guardare alla Bellezza con occhi moderni: è necessario distaccarsi dalla rappresentazione “classica” della Bellezza, guardandosi bene dal proiettare sul passato una concezione moderna di essa. La parola kalòn, prosegue l’autore, indica “tutto ciò che piace, che suscita ammirazione, che attrae lo sguardo. L’oggetto bello è un oggetto che in virtù della sua forma appaga i sensi, e tra questi in particolare l’occhio e l’orecchio. Ma non sono solo gli aspetti percepibili con i sensi a esprimere la bellezza dell’oggetto: nel caso del corpo umano assumono un ruolo rilevante anche le qualità dell’anima e del carattere, che vengono percepite con l’occhio della mente piuttosto che con quello del corpo”. Un’altra tappa fondamentale non solo nel libro in questione, ma ai fini della costruzione della concezione di Bellezza nell’immaginario comune, è l’analisi della figura della Venere: Tiziano, nel suo “Amor sacro e amor profano“, fa esplicito riferimento alle Veneri Gemelle per indicare la Venere Celeste e la Venere Volgare, due distinte manifestazioni di un unico ideale di bellezza. Botticelli invece, pone la Venus Genitrix al centro delle allegorie della Primavera e della Nascita di Venere. Riguardo alla concezione della Bellezza durante l‘Illuminismo, Eco fa riferimento al “non so che”: “Je ne sais quoi” è l’espressione con cui ci si riferiva ad una bellezza non esprimibile con le parole, e soprattutto in riferimento al corrispondente stato d’animo dello spettatore; l’espressione era già presente in Tasso, col quale il “non so che” stava a indicare il moto emotivo dello spettatore suscitato dall’esperienza estetica. Riguardo alla contemporaneità, Eco scrive che sia ancora troppo presto per valutare quale sia la concezione di Bellezza nel’900: è necessario che passi del tempo affinché si possa procedere alla valutazione con sufficiente distacco; ciononostante, egli non può che citare icone come Twiggy, Rita Hayworth e Grace Kelly in qualità di personaggi che hanno segnato una tappa importante nell’evoluzione della moda e dell’estetica.

In che direzione pensi che stia andando l’attuale concezione di bellezza? Da dove credi che derivi la necessità di formularne una? Quali sono secondo te, i fattori culturali, psicologici e sociali che contribuiscono al modificarsi, negli anni, della concezione del Bello? Aspettiamo i vostri commenti!

Per approfondire: non solo “Storia della Bellezza” ; Eco ci propone anche una “Storia della Bruttezza“.

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