L’autobiografia di Jung: Ricordi, sogni, riflessioni

DI Benedetta Vale

Mi sono imbattuta in questo libro casualmente, come succede sempre per le mie migliori letture: si tratta dell’autobiografia del celebre psicanalista svizzero (ma anche psichiatra, antropologo e filosofo) Carl Gustav Jung. Ricordi, sogni, riflessioni è stato scritto dallo stesso Jung insieme ad Aniela Jaffè (che fu sua allieva, paziente e anche segretaria), edito per la prima volta nel 1961, anno della morte dello psicanalista. Sono rimasta colpita da questo libro e vi invito a leggerlo anche e soprattutto se siete sempre stati attratti dal mondo della psicologia, ma siete bloccati dalla paura di affrontare una disciplina tanto complessa: “Meglio dedicarsi a qualcosa di più leggero” dicevo anch’io, ma eccomi qua. Di certo non dico che leggere questo libro sia come leggere una rivista di gossip, ma l’impegno che richiede è di gran lunga ricompensato dalla ricchezza che offre in cambio. Dopo avervi convinti a leggerlo, o almeno di accostarvi all’idea di farlo, veniamo ai contenuti: Jung, in questo libro, si racconta partendo dall’infanzia, che sicuramente non può dirsi convenzionale (anche se ho parecchi dubbi su cosa possa definirsi propriamente “convenzionale”). Sembra infatti che egli, fin dall’infanzia, sentisse una chiamata verso qualcosa di grande, verso un contatto con una spiritualità lontana dai dogmi della chiesa; racconta l’attrazione verso la conoscenza, l’autenticità, il mistero. Ci narra dei piccoli rituali che svolgeva, dando un’interpretazione dei suoi gesti sempre molto precisa, in maniera tanto esatta e scorrevole da sembrare univoca, ovvia, non passibile di opposizione. Questa è in assoluto la prima volta che mi capita di osservare un simile fenomeno: una persona che ha delle lenti speciali capaci di cogliere sottigliezze che sfuggirebbero perfino all’occhio più attento, creando un sistema di interpretazioni estremamente semplice e chiaro nella sua complessità. Egli sembra vedere costantemente oltre i simboli, oltre i comportamenti, non ricercando tanto le cause ma mettendo a fuoco i significati. Interessanti sono anche i sogni che vengono raccontati nel libro, in cui egli osserva sempre i collegamenti con la sua vita e il suo destino, mai fermandosi alle prime superficiali conclusioni. Ecco, la parola che più si distanzia da questo libro è superficiale; quella più vicina, direi, è chiarezza. Questa è davvero una lettura che può fare da specchio; io stessa ho ritrovato e compreso mille sfumature del mio carattere all’interno di questo libro, stupendomi sempre della naturalezza con cui l’autore riesce a trovare chiavi di lettura che lasciano poco spazio a dubbi e obbiezioni. Il volume è stato definito dallo stesso Jung come una forma di autoanalisi, e si inserisce, dal punto di vista del lettore, nella macro-area dei testi di auto-terapia. Non finirò mai di dire che ogni libro è auto-terapia, è sempre uno specchio in cui sistemarsi i capelli fuori posto, il trucco sbavato e il prezzemolo tra i denti. Questo, però, è più di un libro, è un viaggio, un’esperienza dentro una vita straordinaria, non in senso strettamente lusinghiero ma nell’accezione di essere nettamente fuori dall’ordinario, dalla banalità, dall’omologazione. Credo che tutti noi abbiamo bisogno di storie autentiche e di restare in ascolto di noi stessi: d’altronde, possiamo dire di conoscerci davvero?

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