L’amica geniale

Di Camilla Tettoni

L’ultima stagione de L’amica geniale è stata una boccata d’aria fresca: per la prima volta abbiamo visto Lenù per intero, non come metà della sua cara amica Lila. Mi ricordo che cominciai a guardare questa serie per caso, me l’aveva consigliata una mia cara amica, e devo dire che il suo consiglio è stato rivelatore. È difficile non affezionarsi a Lila e a Lenù, all’amicizia che le lega da bambine negli anni ’40, in un rione nella periferia di Napoli e che le accompagna, con alti e bassi, per tutta la vita. Non ho ancora letto i libri della Ferrante, non ho avuto modo.

Sto per laurearmi a breve, e un caro amico tempo fa mi disse, quasi scherzando, che mi avrebbe regalato i libri della Ferrante per l’occasione. Sono stata, davvero, molto felice della proposta: questo regalo non può che essere il migliore per me. Per questo, aspetto con ansia la mia laurea; paradossale, lo so, avrei potuto prendere i libri prima e divorarli come – mi conosco – avrei sicuramente fatto.

Eppure, non so perché, questa serie mi ha coinvolto talmente tanto che non volevo conoscere in anteprima la continuazione dei fatti. Ho atteso la terza stagione per due anni, e nel frattempo non mi sono voluta spoilerare nulla. Ora però diventa davvero necessario leggere la saga, ritrovare nelle pagine la scrittura di Elena Ferrante, la sua Elena Greco, il suo doppio e il suo contrario, e seguire al suo fianco le vicende di due donne negli anni ’70.

L’amica geniale: Lenù è l’amica geniale di Lila, colei che può puntare ad un futuro migliore grazie alla sola intelligenza.  Per Lenù, l’amica geniale è la Lila in grado di attirare gli sguardi, le attenzioni, facendola ricadere in un vortice di gelosie da cui è difficile uscire, salvarsi. Il confronto domina l’infanzia e l’adolescenza di Lenù, costretta a vedere la sua più cara amica innamorarsi del suo più grande amore, Nino Sarratore. Lenù vince una borsa di studio alla Normale di Pisa, si trasferisce dal rione, scrive un romanzo, sposa il promettente Pietro Airota, di agiati natali. Lila si sposa presto, resta al rione, tradisce il marito con Nino, viene abusata dal coniuge, fugge con Nino, ma questi la abbandona presto. Enzo, un suo caro amico, innamorato di lei fin da bambino, porta con sé Lila in un altro rione, lontano dai giudizi, e con lei cresce un figlio non suo. Lenù ha due bambine, adorabili: la prima nasce pochi mesi dopo essersi sposata con Pietro, nonostante avesse chiesto al marito più tempo per scrivere un secondo romanzo. Da questo episodio sorgono le radici di un matrimonio infelice e non attento ai bisogni dell’altro: Lenù non ha una scrivania dove poter scrivere, la sua vita è in funzione delle figlie e, sebbene il marito sia di fede progressista, non comprende i bisogni della moglie. Lila, d’altro canto, è costretta a lavorare in una fabbrica a condizioni disumane: l’ultima stagione racchiude diverse tematiche sociali.

Chissà, si chiede Lenù, come sarebbe andata se anche Lila avesse tentato gli esami per accedere alle scuole medie: avrebbero forse portato avanti un percorso da intellettuali, l’una al fianco dell’altra, a sostenersi e a capirsi per una vita intera. Così non è, e le due si allontanano. Lenù si separa in malo modo dal marito, saluta le figlie, parte con Nino ma, prima di partire, riceve una telefonata: è Lila.

Non intendo scrivere le parole di Lila, né ho intenzione di descrivere dettagliatamente il finale a chi non ha avuto modo di vedere questo capolavoro. Ciò che è certo è che le vite di queste due bambine, ragazze, donne, mogli e madri è unita da un filo rosso che, nonostante gli anni e gli stili di vita differenti, non si spezza. Lenù vede in Lila la forza che non crede di avere, Lila vede in Lenù l’intelligenza che non ha avuto modo di conseguire. “Storia di chi fugge e di chi resta”, recita il sottotitolo del terzo libro di Elena Ferrante: Lila resta, anzi, torna nel rione, dove le era stato sconsigliato di tornare. Viene ritenuta una malafemmina, la famiglia l’ha disconosciuta. Ma, ancora una volta, fa di testa sua e permette al figlio di crescere nelle strade che l’avevano vista correre da bambina. Lenù non è mai appartenuta a quel mondo, non si è mai sentita integrata se non per la presenza di Lila: il liceo prima, in un altro quartiere di Napoli, e l’università poi, in un’altra città, firmano la sua fuga, che prende definitivamente atto nel suo fuggire – o viaggiare, come lo definisce lei – con l’amato Nino.

La genialità di Elena Ferrante, che ha firmato la sceneggiatura della serie, lascia un segno profondo e io non posso fare a meno, finalmente, di leggere le sue opere sperando di avere, un giorno lontano, l’opportunità di incontrarla e di chiederle consigli, tanti consigli.

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