Di Camilla Tettoni
La rivoluzione tecnologica ha certamente sancito un progresso non indifferente: tutti possono informarsi su tutto, senza vincoli se non l’essere collegati ad un Wi-Fi. Per valutare l’impatto dei social sulle nuove generazioni, ho deciso di parlarne con una classe di liceali, la IV A del Liceo Classico Dante Alighieri di Roma. I giovani intervistati hanno un’età che va dai 17 ai 18 anni: il loro anno di nascita, il 2004, coincide con la nascita del primo social media per eccellenza, Facebook. Il loro primo anno di elementari combacia col lancio sul mercato di Instagram, avvenuto nel 2010.
Su 24 studenti, 21 dimostrano una netta preferenza per l’informazione online: tramite Internet è più semplice approfondire la Storia contemporanea, se si vuole cercare eventi specifici basta digitarli e in pochi secondi si ha la risposta. Tutto e subito, basta un click.
Ho voluto approfondire questo argomento con il loro Professore di Storia e Filosofia, Giancarlo Burghi. Nella sua collaborazione con Rai Educational è stato curatore dell’Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche e autore di prodotti multimediali e di programmi televisivi.
1)Viviamo nell’epoca dei social. Ha avuto modo di osservare cambiamenti da parte dei giovani nel modo di relazionarsi alla Storia tramite l’informazione?
Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un’accelerazione continua nella trasformazione degli strumenti della comunicazione e dell’apprendimento: prima la scuola era l’unico luogo di formazione e di informazione. Oggi, invece, le nuove generazioni assorbono dai social media idee, stili di pensiero e convinzioni. Di conseguenza, la scuola deve riorientare le presunte conoscenze che i giovani hanno assorbito. Per quanto riguarda la Storia, Internet ha scardinato il concetto di autorità, arrivando ad una democratizzazione delle conoscenze. Tuttavia, è rischioso conoscere la Storia attraverso i social: non dico che vada riproposto un principio di autorità, ma è in qualche modo necessario reintrodurre l’autorevolezza nella rielaborazione delle notizie e del sapere.
2)Alla democratizzazione dell’informazione è corrisposta una maggiore o minore attenzione alle notizie?
Internet ha rappresentato la democratizzazione del sapere, i social sono poderosi strumenti di partecipazione democratica. Se la democrazia è dibattito pubblico e contributo di ciascuno è chiaro che i social offrono degli strumenti di esercizio di cittadinanza attiva. Tuttavia, non è detto che questa apparente orizzontalizzazione dell’informazione abbia determinato una maggiore attenzione alle notizie e, conseguentemente, alla Storia contemporanea.
3)Quale potrebbe essere un modo per riportare i giovani nell’ambito dell’informazione “tradizionale”?
Sarebbe opportuno insegnare alle nuove generazioni l’autorevolezza nella costruzione delle notizie e nella costruzione delle informazioni. L’apprendimento ricerca profondità, richiede tempi lunghi, sollecita l’apparato cognitivo della lettura: bisogna recuperare questa dimensione, senza rinunciare all’altra.
4)Quali sono gli argomenti che esortano maggiormente i teenagers ad informarsi?
I giovani stanno vivendo un impegno di cittadinanza sui temi della discriminazione di genere e sulla questione dell’ambiente: forse questi dovrebbero essere i topic su cui sollecitare un loro impegno e una maggiore attenzione ad un’informazione che sia rigorosa, accessibile, attenta alle fonti e, soprattutto, equilibrata.
