“Visto per Shangai. Le inchieste dell’ispettore Chen” di Qiu Xiaolong

Di Camilla Tettoni

Sicuramente il vissuto personale di Qiu Xiaolong entra in modo caratterizzante nelle pagine del libro in questione. Studente di letteratura inglese, si trasferisce negli Stati Uniti per motivi di studio nel 1988, un anno prima la repressione avvenuta in piazza Tian’anmen. Il 4 luglio del 1989, in occasione della festa di indipendenza americana, affitta un chiosco con l’intenzione di devolvere l’intero ricavato agli studenti cinesi in rivolta. Ripreso da un’emittente televisiva, “The Voice of America”, la sua attività diviene nota in Cina. A seguito di minacce, Xiaolong decide di rimanere negli Stati Uniti, terminando gli studi presso la Washington University. Di conseguenza, la censura cinese non riguarda più lo scrittore che, espatriato in Occidente, è in grado di fornire una visione oggettiva e, al tempo stesso, malinconica della sua Shangai, melting pot di culture.

L’ispettore Chen – il protagonista – si presenta fin dalle prime pagine del romanzo come un uomo colto, laureato in letteratura inglese. Entrato dopo gli studi nel corpo di polizia, grazie alla sua fluidità nel parlare e comprendere la lingua anglosassone viene investito dal segretario di Partito Li della responsabilità di accogliere una visitatrice americana, appartenente ai Marshals Service, Catherine Rohn. Suo compito sarà il guidare la turista all’interno della versione della Cina migliore che possa esistere, così da mostrare l’infondatezza del pregiudizio latente americano nei confronti del mondo orientale.

Gli aspetti geopolitici del romanzo sono molti, tutti ugualmente interessanti. In primis il mettere per iscritto la diffidenza di rapporti vigenti tra il versante americano e la parte cinese – alquanto attuale, se si considera la vicenda che coinvolge l’isola di Taiwan; in secundis l’analisi peculiare del fenomeno dell’immigrazione illegale. Viene scardinata la convinzione secondo cui “scavando le montagne dorate” sia possibile diventare ricchi in poco tempo negli Stati Uniti. Spinti dalla volontà di raggiungere uno status di vita migliore, gli emigrati cinesi pagano 30000 dollari alle mafie locali per potersi imbarcare e raggiungere illegalmente le coste americane. Una volta espatriati puntano alla richiesta dell’asilo politico appellandosi alle leggi sui diritti umani, chiamando in causa la politica del figlio unico per famiglia e la minaccia della costrizione all’aborto. La questione dell’aborto viene anch’essa affrontata nel romanzo: l’autore scrive di una donna costretta a rifugiarsi in una cittadina lontana perché incinta del terzo figlio. La sua vicenda non avrà un lieto fine.

Non si lesina, poi, sulla Rivoluzione Culturale: Mao Zedong tra il 1966 e il 1976 estromise dal governo i suoi oppositori, col fine di ripristinare il pensiero marxista-leninista. In particolare, nel romanzo viene affrontato il tema dell’educazione. I “giovani istruiti” dovevano recarsi nelle campagne per essere riformati dalla classe operaia e contadina. L’istruzione universitaria passava, quindi, in secondo piano. Nel romanzo si evidenzia il lato negativo di tale riforma: la vita di Wen, personaggio cardine all’interno della storia – la cui scomparsa dà adito alla collaborazione tra gli organi americani e cinesi –, era stata rovinata dalla suddetta Rivoluzione. Descritta come fedele seguace di Mao, il fatto di essersi trasferita nelle campagne l’ha allontanata dai suoi affetti e avvicinata ad una figura abominevole: il suo violentatore, nonché futuro marito, Feng.

Alla base del romanzo, inoltre, c’è la Triade, o meglio, le Triadi: organizzazioni mafiose in controllo di vaste parti del territorio. In alcuni casi, come nel Fujan, la polizia ha frequenti collusioni con queste organizzazioni criminali, peculiarmente note col nome di “Asce volanti” (martoriare le vittime con diciotto colpi di ascia: questa la firma della banda in questione). Un altro punto, infatti, assolutamente degno di essere menzionato risiede nell’accurata descrizione che lo scrittore dedica alla corruzione interna alla polizia, alla Sicurezza interna e al Partito. Il segretario Li, che aveva facilitato l’ascesa stessa di Chen, viene sospettato dall’ispettore di possibile affiliazione ad associazioni a delinquere.

Concludo questa mia breve scheda con l’inserimento di due carte. Come scritto sopra, l’ispettore Chen ha il compito di condurre la sua collega americana nella Cina migliore, la Cina del sogno cinese: ricca, unita, pulita. Quello che ne risulta, però, non è altro che corruzione, truffa, mafia, inganno, povertà. Un abbaglio, quindi. Credo che le carte che ho scelto siano peculiari nel descrivere ciò: l’America sogna una Cina divisa, come la troviamo nel romanzo, alquanto lontana dalla visione critica di una Cina unita. A tratti, si potrebbe obiettare a Xiaolong di essere più americano che cinese.

Insomma, in questo romanzo il passato rincorre il presente. Il futuro, d’altra parte, si affaccia piano, timoroso, fermo. Stabile nella sua immobilità.

A lungo, a lungo io mi struggo

Non c’è un io per me da rivendicare

Oh, quando posso dimenticare

Tutte le preoccupazioni del mondo?

La notte è profonda, il vento fermo, nessuna onda sul fiume.

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