Di Camilla Tettoni
Un passo alla volta.
Un passo alla volta, piano, respira.
Un passo alla volta, piano, respira, apri la porta, entra, trova una sedia.
Siediti, guardati intorno, presentati.
Siediti, guardati intorno, presentati, non avere paura, andrà tutto bene.
Per mia fortuna, è sempre andato tutto bene. Sono una studentessa fuorisede da quando ho 19 anni. Ho cambiato quattro università, quattro città. Dalla Toscana sono andata in Inghilterra, per poi andare a Bologna. E ora sono in Scozia.
Non è facile prendere e partire e ogni volta ricominciare da zero. Senza conoscere nessuno, senza avere punti di riferimento. La famiglia, gli amici di sempre, i luoghi del cuore.
Non è facile, ma mettersi in gioco è quasi sempre complicato. C’è chi dice che chi la rischia la vince. A questo punto credo sia vero.
Non perché io creda di essere arrivata, giunta a destinazione. Anzi, il mio viaggio continuerà. Non più nel mondo dello studio, ma del lavoro. Solamente, avendo vissuto in così tante città diverse, partendo da Roma, ho scoperto tante nuove realtà.
C’è il pensiero sbagliato che chi si trasferisce lo fa perché non sta bene a casa. Non posso parlare per tutti, nel mio caso sono molto fortunata nel poter dire che non sia vero.
Ho scelto di studiare un ambito letterario molto osteggiato e criticato, persino da chi ha studiato le stesse materie e si trova a vivere insegnandole. Il fatto è che ho avuto il privilegio di essere supportata dai miei genitori che, fin da piccola, da quando ho imparato a scrivere, mi vedevano prendere il quadernino e comporre le mie storie, come fossero tante piccole melodie.
Mi ricordo ancora il mio primo racconto. Un palloncino, rosso, che riesce a staccarsi e a volare sempre più in alto. Il proprietario della colonna di palloncini, allora, cerca di riprenderlo e, visto che non riesce, tenta di bucarlo. Ma il palloncino vola sempre più in alto, piccolo, impaurito, ma ammaliato dalla lucentezza del cielo.
Mi ricordo ancora il disegno del palloncino e il piccolo quaderno con le Barbie in copertina su cui ho scritto la storiella.
Ora, non ho la presunzione di dire che sono il palloncino, però qualche soddisfazione me la sono tolta. Non mi sono lasciata bucare, e ho seguito la mia strada. Studiando la mia passione, approfondendola all’estero, specializzandomi in filologia, nell’amore per le parole. E ora eccomi qui, nell’ultima parte del mio percorso. Un anno di studi super concentrati (leggermente stressante ma si stringono i denti e si va avanti) nell’ambito del giornalismo internazionale.
Compito dei giornalisti è ricercare la verità, scrivere i dati, riportare i fatti, cercando di lasciare le proprie convinzioni da parte. Diciamo che in tutti questi anni è come se avessi seguito la mia verità, senza scorciatoie. Senza essere compatita. Anzi, ritenuta troppo fortunata, sopra la media.
Ed è vero. Ripeto, io ci metto lo studio, ma senza il supporto della mia famiglia non sarei qui, non avrei creato questo blog, non scriverei essays riguardo l’applicazione della giustizia transizionale in Rwanda, articoli sulla corruzione delle ONG o papers sull’esempio di Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli.
Non sono meglio di nessuno, ho solamente seguito il mio sogno, puntando al cielo, senza fermarmi. Un piccolo palloncino rosso che non si è mai gonfiato, ma che ora più che mai procede dritto verso il futuro. Non avendo più paura, ma sempre più voglia di vedere cosa si nasconde dietro l’angolo e prenderlo, e farlo proprio. Ed essere felice.
