A cura di Camilla Tettoni
Coccodè. Una storia di quiet quitting (252 pagine, Mursia editore) è l’ultimo romanzo di Ambra Radaelli, giornalista dal 1992. Ha lavorato per il «Sole 24 Ore», «La Notte», varie testate Rizzoli e Mondadori, e, dall’anno dopo la sua fondazione, alla sezione attualità di «D», allegato a «la Repubblica». Ha pubblicato il romanzo La casa dell’estate (2007) e il libro reportage La musica salva la vita (2012).
Il suo ultimo romanzo, pubblicato nel 2023, è uno di quei libri da cui è difficile staccarsi: si crea, con esso, una sorta di dipendenza affettiva. Non si vuole lasciare sola la protagonista, Elena Petrini, nelle sue (dis)avventure dietro il desk di un noto giornale – fittizio – italiano, Beta, affiliato ad Alfa. Giornale di società e cultura, in cui Elena scrive di attualità.
Elena è una giornalista appassionata. Partita dalle case popolari calabresi, figlia di un elettricista e una merciaia, a 19 anni viene accettata in una delle più importanti scuole di giornalismo italiane. Il talento della protagonista viene, però, a poco a poco limato dalle due parole inglesi che troviamo nel titolo del romanzo, “quiet quitting”. Con quiet quitting si intende svolgere i requisiti minimi del proprio lavoro e non dedicare più tempo, impegno o entusiasmo di quanto assolutamente necessario.
Il motivo per cui Elena decide, a poco a poco, di lasciare andare il proprio entusiasmo per un lavoro che prima la appassionava tanto, permettendole di svolgere inchieste investigative e fornire il proprio contributo alla società, è alla base del romanzo. La “fauna da redazione” che la circonda non è sicuramente delle più stimolanti. La redazione di attualità è composta, oltre che da lei, da altre quattro donne, vanesie, poco portate, e maligne; pronte a danneggiare il prossimo, o a far svolgere alla protagonista i lavori che dovrebbero eseguire loro. Roberta, Giuliana, Susanna e Lara si caratterizzano tutte e quattro per difetti diversi: la civetteria della prima, la volgarità e superficialità della seconda, il parlare troppo e a vanvera della terza, la mancanza di personalità dell’ultima. Quattro galline in un pollaio in cui viene inclusa anche, suo malgrado, Elena. Il direttore di Beta le chiama “ragazze coccodè”, appellativo frivolo e volutamente sessista, che l’aia accetta di buon grado.
Uno dei temi portanti del libro è proprio il sessismo che vige all’interno della redazione: a dir poco allucinante. Le battute a sfondo sessuale, proclamate da giornalisti svogliati e poco talentuosi, vengono accolte con sdegno da Elena ma con affetto e risolini dalle altre. Colpisce il fatto che le donne non siano una forza unita nel romanzo, anzi: combattono le une contro le altre. Ascoltano il proprio uomo, o il direttore, con reverenza. Rispondono a dei criteri di appartenenza ben chiari, quello di essere grate al maschio alfa che ha trovato per loro un posto dentro il giornale, sia questo il padre, lo zio, il marito, l’amante. Donne, come Marinella (direttrice in corsa), frustrate, che riversano la propria infelicità nel contesto lavorativo cui vengono inserite per sola raccomandazione, perché “amicaamica” di qualcuno o per favori sessuali concessi. Il clima che si crea è contaminato dalla competizione tra le esponenti del sesso – volutamente – debole, e dal forte classismo che pervade la redazione.
Elena è entrata per merito, senza nessuna raccomandazione dall’alto, svolge il suo lavoro con dedizione, non sempre scrivendo articoli appassionanti (“come mettersi lo shampoo nei capelli” è uno tra questi), ma mai venendo meno all’impegno verso la propria professione. Questo finché non diviene vittima di “mobbing”, termine anglofono con cui si intende un insieme di comportamenti aggressivi e persecutori posti in essere sul luogo di lavoro, al fine di colpire ed emarginare la persona che ne è vittima. Elena Petrini rifiuta di sottostare all’idiozia comune, risponde a tono a chi cerca di approfittarsi di lei, e la sua intelligenza le permette di fiutare ed evitare chi tenta di ingannarla. Non si adegua alla deficienza comune, per i suoi valori e la sua bravura. Pertanto, diviene il capro espiatorio delle frustrazioni comuni. Le vengono rifiutati pezzi da scrivere, le viene tolta la propria autostima di scrittrice, vengono messe in giro maldicenze sul suo conto, viene accerchiata e aggredita in più situazioni. E al bullismo Elena inizialmente reagisce proprio col “quiet quitting” di cui vi parlavo sopra. L’entusiasmo comincia a mancare, l’entusiasmo per il lavoro che ha deciso di intraprendere non solo perché “faceva figo”, ma perché era il suo sogno di sempre. Scrivere. Come continuerà la storia? Il seguito, e il finale, sono sorprendentemente inaspettati.
Questo romanzo è un portento. Ambra Radaelli non solo scrive benissimo, in modo scorrevole, ma è stata anche in grado di aggiungere una verve comica ai momenti più bui. La realtà della vita di redazione, della mancata meritocrazia, del venire meno della dignità lavorativa, sono temi importanti da trattare, di rado decifrati e messi su carta in modo ineccepibile come in questo caso. La trama procede spedita, mai scontata, e ogni personaggio è descritto in modo peculiare: è evidente il grande lavoro dietro la realizzazione del libro. La lettura di questo romanzo è assolutamente consigliata. La consiglio a chi deve imbarcarsi nel mondo del lavoro (per intravedere la realtà dietro il sogno), a chi lavora (per comprendere che non si è soli in questo mondo), e a chi, come me, vuole lavorare in redazione. Nulla è facile, bisogna lottare per ciò che si vuole, e avere carattere. Per quanto mi riguarda, credo che la mia strada ricalchi la decisione finale della protagonista. Una decisione drastica, che non sto qui a dirvi, lo scoprirete da soli. E, fidatevi, sarà una bella scoperta.
Link per acquistare il romanzo: https://www.mursia.com/collections/segnalazionihomepage/products/ambra-radaelli-coccode-una-storia-di-quiet-quitting?_pos=1&_sid=0cf91209b&_ss=r

Sul tema degli ambienti di lavoro tossici è molto bella anche questa serie tv (che lo tratta come argomento di contorno ma non marginale): https://wwayne.wordpress.com/2023/08/24/un-amore-contrastato/. L’hai vista?
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No, non la conosco. Grazie per il suggerimento!
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Allora sono onorato di avertela fatta scoprire: è davvero bellissima. Puoi vederla su Netflix: se ti va, poi fammi sapere cosa ne pensi. Grazie a te per la risposta! 🙂
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