Una recensione “di cuore”
Di Camilla Tettoni
Scrivo questa recensione con il cuore ancora caldo, la testa in fiamme e in corpo tutto l’ardore tipico della letteratura sudamericana, di cui Isabel Allende è una dei massimi esponenti. “L’amante giapponese” racconta di un viaggio, sia nel passato sia in terre nuove. Come in tutti i romanzi della Allende, anche qui troviamo una profondità che trascende la vicinanza fisica, una distanza che viene colmata da un sentimento profondo e duraturo.
Ma facciamo un passo indietro: il romanzo ha inizio con Irina, una giovane polacca che si trova a lavorare a Lark House, una casa di riposo per anziani dai tratti tipici delle “comuni” degli anni ’70. Questa casa di riposo è disposta su tre livelli, a seconda dello stato di salute degli ospiti. Chi si trova al primo piano è ancora autonomo e può partecipare a molte attività, mentre al terzo livello, chiamato non a caso “Piano paradiso”, si riceve assistenza continua. I pazienti non pagano per i servizi, poiché la struttura si basa su donazioni filantropiche, alcune delle quali versate da una residente, Alma Belasco.
Alma è una donna schiva, che rimane affascinata dall’onestà di Irina e decide di renderla sua segretaria personale, offrendole un compenso a parte. Da questa collaborazione ha inizio la storia in sé, che si sviluppa da San Francisco fino alla Polonia e al Giappone. Come in tutti i romanzi della Allende, la letteratura si intreccia con la Storia del periodo. Da questo libro ho imparato molto, come ad esempio cosa accadde alla popolazione giapponese in America dopo l’attacco a Pearl Harbour, avvenuto nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Non avevo idea che così tante persone vennero rinchiuse in campi di prigionia molto duri, simili ai campi di concentramento europei, citati nel romanzo attraverso altri collegamenti con la storia personale di Alma.
Link per approfondire la questione: https://www.internazionale.it/foto/2017/02/22/giapponesi-internati-dorothea-lange / https://www.repubblica.it/r2-fotorep/2017/02/25/news/e_roosevelt_firmo_l_ordine_internate_i_giapponesi_-158859960/




“L’amante giapponese” non è solo il grande amore che lega Alma a Ichimei, è un qualcosa di più. È la storia di un amore che squarcia le paure, le differenze, le distanze, che soccombe alle convenzioni per poi ritornare, più forte che mai. È un inno alla vita che trova la sua espressione anche nei momenti passati in una casa di riposo, e che vince la terribile Storia degli anni ’40 del secolo scorso. I personaggi, poi, sono vari, ognuno con la propria storia, con il proprio passato nascosto. Eppure, sono tutti uniti da un filo rosso onnipresente e pienamente svelato solo al termine dello scritto.
Ho finito questo romanzo con molta riluttanza. Quando ci si immerge in un altro mondo, è sempre difficile uscirne, soprattutto se ci si trova in un universo creato da Allende. Isabel Allende, con la sua maestria narrativa, ci regala un’opera che riesce a essere al tempo stesso delicata e potente, lasciandoci con il desiderio di esplorare ancora di più i suoi mondi ricchi e complessi.

Come da mia abitudine ri-leggero’ “L’amante giapponese”. Confesso di non aver ricevuto, nella prima lettura di qualche anno fa’, le stesse tue sensazioni. La causa di questa mancanza è solo il mio rifiuto di una seconda lettura. Citando Nabokov: “la prima lettura di un libro è spesso imperfetta (per me lo è sempre), la lettura perfetta e’ la rilettura”. Un buon lettore, attivo e creativo, e’ un rilettore.
Dopo questa seconda lettura ti metterò a conoscenza dei sentimenti che essa mi ha comunicato. Per ora accogli il mio “brava!”.
Walter Tettoni.
ok
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Rispetto agli altri romanzi di Isabel Allende questo può apparire più debole, eppure trovo nei suoi discorsi un tema più profondo, di denuncia ad un mondo perfetto all’apparenza ma in realtà profondamente “imperfetto”. Apprezzo molto il fatto che la Storia, come sempre nei suoi libri, si unisca alla trama narrata, e devo dire che personalizzare la grande storia, rendendola tutt’uno con le difficoltà dei due protagonisti, mi ha permesso non solo di imparare qualcosa in più (non avevo idea dei campi di concentramento americani), ma anche di apprezzare come la letteratura riesca a dare un’ulteriore chiave di lettura alla Storia contemporanea. Fammi sapere se la seconda rilettura ti darà altre impressioni o meno, è comunque bello pensarla in modo diverso!
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